Sade e La Geometrizzazione dell’Eros
1. Sade e Lévi-Strauss
Il primo testo antropologico moderno che linea una distinzione netta tra cultura e natura è La Filosofia del Boudoir di Sade.
Attraverso un crescendo strutturale logico-matematico, il marchese figlio dell’Illuminismo delinea visionarie geometrie corporee le cui pratiche sono caratterizzate da un centro filosofico: la distinzione tra sesso ed erotismo è simmetrica alla separazione tra cultura e natura. (“La natura, nostra madre universale, non ci parla che di noi”).
La legge di natura costituisce la fondazione della legge umana e la natura è essenzialmente eros. Per dimostrare ciò Sade si avventura in un excursus “etnografico” basato su una sua personale lettura dei resoconti dei viaggiatori dell’epoca. Nelle culture pre-colombiane, i cosiddetti “indiani, pellerossa, selvaggi” verranno chiamati popoli-di-natura, per cui tale “natura” sarebbe più saggia e viva della decadente cultura occidentale. Rovesciando un modello eurocentrico, in queste popolazioni il sesso è libero, il tabù dell’incesto non esiste, Stato, proprietà privata e famiglia sono assenti. E allora, se le “leggi di natura” consentono sodomia e incesto, i popoli “civilizzati” dovrebbero imparare dai cosiddetti “selvaggi”. In particolare l’apologia sadiana è diretta verso l’incesto, la chiave che apre tutti gli altri orifizi naturali: l’erotismo è tanto più pulsante in quanto si allontana dalla riproduzione.
Lévi-Strauss – cui si deve l’ultimo disperato tentativo di dividere ontologicamente natura e cultura – è erede diretto di questo filone di pensiero illuminista di cui ha tessuto l’elogio solo nel versante accademico: cioè verso Rousseau ignorando Sade. Eppure – un po’ come per I Promessi Sposi, dove Lucia si può intendere solo dopo aver saputo che Manzoni a Parigi ha letto e adattato all’italiana Justine – anche in Lévi-Strauss il tema dell’incesto è il rovescio della logica sadiana. Pur tuttavia la sua struttura rimane intatta: lo strutturalismo, appunto, afferma che l’essere umano diviene tale solo dopo aver inventato il tabù dell’incesto: legge universale che permette il passaggio dalla natura alla cultura grazie all’esogamia.
Sesso e cultura
2. Bishof e Geertz
Questa disinzione strutturale tra natura e cultura è veramente figlia di un illuminismo intrecciato più di quanto si voglia immaginare al pensiero apparentemente opposto del cristianesimo.
La dialettica dell’illuminismo, come per me hanno dimostrato in modo sempre più insuperabile Adorno e Horkheimer, rovescia la razionalità pura nel suo contrario: in mito. E Lévi-Strauss inventa “razionalmente” un mito come lo aveva inventato Freud in Totem e tabù. L’antropologo ha i limiti dello psicoanalista: entrambi non intendono che tutte le specie viventi, eccetto gli insetti e gli animali addomesticati o in cattività (nei giardini zoologici), evitano l’incesto.
Si veda il saggio di Norbert Bishof che critica sulla base di risultati empirici questa favola durissima da morire. In realtà non è una favola né solo un mito: è la logica del dualismo (in cui rientra l’opposizione natura/cultura) ovvero una delle forme più radicali di un dominio politico che è nello stesso tempo epistemologico e teologico.
Scardinare questo potere sottile del dualismo dovrebbe essere uno degli scopi di pratiche concettuali tendenzialmente liberate. Dice Bishof che è parte dell’evoluzione della specie, di ogni specie, evitare l’incesto in quanto le mutazioni sono possibili solo attraverso relazioni sessuali “esogamiche”, per cui tutte le attuali specie sono il risultato di un patrimonio genetico mutante e che ha cercato di non favorire l’incesto che riproduce identico. Il fatto che l’incesto non esiste in natura neanche per gli animali (non addomesticati né in cattività) è l’ulteriore dimostrazione che il paradigma dualista natura/cultura riflette un certo tipo di visione della natura separata dalla cultura, fonte di ogni delizia o di orrore ma la cui logica soggiacente è identica. Nell’antropologia statunitense, due sono gli autori che contestano nel modo più efficace questa logica binaria: Gregory Bateson e Clifford Geertz. Quest’ultimo, morto recentemente, ha scritto uno dei suo saggi più belli contestando l’idea del “punto critico”: secondo cui solo dopo l’evoluzione biologica comparirebbe nell’Homo Sapiens la cultura. L’idea di inizio e di origine è –
accanto al dualismo – un’altra forma logico-politica che riproduce il dominio di una razionalità occidentale. Geertz mette in relazione l’evoluzione della mente e la dottrina dell’unità psichica per sfatare (una volta per tutte!) il mito della “comparsa della cultura”. Secondo lui, non solo l’accumulazione culturale era avviata ben prima che cessasse lo sviluppo organico, ma proprio “questa accumulazione ebbe un ruolo attivo nel modellare le fasi di sviluppo finali”. Insomma si deve parlare di co-evoluzione bio-culturale.
3. arrivano gli avatar!
Il mutamento culturale si intreccia con quello biologico, dove l’ambiente ha un ruolo decisivo. Insomma la cultura non sviluppa una capacità geneticamente precedente ad essa, bensì è un ingrediente di questa stessa capacità. Le differenziazioni anatomiche e fisiologiche sono molto limitate nelle varie culture, le quali vanno vissute e interpretate sulla base di una attenzione micrologica alle differenze e non a cogliere presunte identità attraverso improvvisate comparazioni.
Ultimo e decisivo punto è una riflessione sull’ambiente da strappare ai vari fondamentalismi: se l’evoluzione si basa sulle mutazioni genetiche più ambiente, il contesto storico ha un’importanza decisiva. Allora affermare una chiara posizione oltre il dualismo natura/cultura significa questo: che le tecnologie (e ancora di più quelle digitali) hanno sempre costituito parte dell’ambiente in cui le mutazioni umane hanno avuto luogo. Di conseguenza, gli intrecci – ma sarebbe meglio parlare di
ibridazioni, anche se il termine ora appare assorbito dalla pubblicità, così come avatar sta diventato un sequel di Titanic da parte del regista James Cameron – co-mutanti si svolgono a livelli bio-tecno- culturali. Per questo, braccio armato del dualismo natura/cultura è la teoria di Gehlen, secondo cui le protesi si aggiungerebbero ai corpi: senza vedere i processi di ibridazione, si afferma la continuità conservativa dei dualismi.
Per affermare pragmatiche oltre il dualismo cultura/natura, le pratiche digitali sempre più sconfinano dentro le “riserve” dell’una o dell’altra, le attraversano e le ibridizzano processualmente secondo modalità mutanti che già al loro interno rendono obsoleta ogni impostazione tradizionale.
Purtroppo in Italia agenzie culturali, mass-mediali e giornalistiche sono ancora molto spesso attestate in difesa di questa santa alleanza tra teologie e filosofie per il sistema binario. La stessa politica come “scienza” ha una infelice matrice basata su amico/nemico (Carl Schmidt) che ancora sembra sedurre tanti irriducibili gestori di Heidegger. Speriamo che gli avatar post-dualisti (ibridi, polifonici, molteplici) arrivino prima del film di Cameron per liberarci dal ritorno eterno del male/bene.
Un Lavoro del Prof. Massimo Canevacci
A questo lavoro fondante del Prof. Canevacci, aggiungo che i concetti esposti sono costituenti a livello filosofico esistenziale, di una struttura dell’Io libertaria, indipendente e poco incline alla superficialita.
Io personalmente su questi concetti ho strutturato la mia forma mentis e di conseguenza un modo di discernere tra sesso e tabù, tra bene e male e tra Eros e Thanatos.
Il mio maestro il Prof. Massimo Cicogna, mi diede in pasto, insieme ad altre letture, La Filosofia del Boudoir di Sade e debbo dire che è stata una esperienza che ha lasciato il segno, non nella visione sessuale soltanto, ma sopratutto verso la liberazione degli istinti, in quanto questo libro non parla solo di sesso, ma di cosa si cerca attraverso il sesso di arrivare a cogliere livello inconscio.
La geometrizzazione dell’eros è un estremo tentativo razionale di evitare che l’Eros una volta appagato al culmine del piacere si trasformi in Thanatos, dando delle spiacevoli sensazioni di non senso, come risultato del sacrificio degli istindi richiesto dal sociale.
Giorgio Del Sole